venerdì 30 settembre 2011

L'Hanami sul tetto che scotta

Questo post è in cottura da un bel po di tempo, più di un mese per essere precisi, l'ho scritto e riscritto nella mia testa e ho anche pensato di non fargli mai vedere la luce del sole. Che detta così sembra una cosa tragica ma non vi preoccupate, non lo volevo scrivere perché in parte io e Matteo in questo caso ci facciamo davvero la figura degli idioti.
E' partito tutto quando abbiamo ricevuto la chiamata di A, un nostro amico giapponese molto appassionato di cucina italiana. A. ci invitava con molto anticipo ad una cena che si sarebbe tenuta per una delle feste più importanti dell'estate tokyoita: l'Hanabi sul fiume Sumida, ovvero i fuochi artificiali.
Tutti gli anni in estate si tengono moltissime feste corredate da fuochi d'artificio ma quest'anno, un po' causa risparmio energetico un po' come segno di lutto per le vittime dello tsunami, questo tipo di eventi è stato ridotto al minimo. Data la situazione, il già frequentatissimo hanabi sul Sumida quest'anno ha fatto il botto. Ma facciamo un passetto indietro.
A., oltre ad invitarci all'hanabi, ci invitava anche per una serata la settimana seguente da passare sbevazzando ad un izakaya vicino a casa sua. Io e Matteo, ben contenti di rivederlo, ci siamo presentati il giorno prestabilito alla porta di casa sua e abbiamo ricevuto una sorpresina: due begli yukata sgargianti che A. aveva comprato apposta per noi e che dovevamo tassativamente mettere il giorno della festa.
Abbiamo tentato in tutti i modi di dissuadere A. tentando di fargli capire che non ci saremmo sentiti a nostro agio, che era un bel gesto ma davvero non eravamo disposti a fare la figura dei due gaijin cretini. Ci sarebbe certamente piaciuto indossare uno yukata per una volta nella vita ma non al prezzo di dover fare la tratta ferroviaria da casa nostra alla sua indossandoli! Insomma avevamo un pudore e un certo rispetto verso noi stessi da mantenere!
Non c'è stato verso, A. coadiuvato dalla sua ragazza S. è riuscito a convincerci giocando la carta del "ma tanto saremo tutti vestiti così" e rincarando con l'asso del "è un regalo, mi piacerebbe che li indossaste".
Fatto sta che siamo stati giorni ad ingegnarci su come riuscire a passare inosservati in metro o su di una eventuale possibilità di metterceli una volta arrivati sul luogo della festa. Dopo qualche giorno A. ha deciso di venirci incontro: visto che per la festa c'era da preparare un sacco di roba da mangiare era meglio che andassimo molto prima a casa sua, indossassimo gli yukata per poi andare tutti assieme verso i preparativi.
Felici della soluzione quel giorno ci siamo incamminati verso casa di A. dove ci ha aperto S., tutta fasciata ad una spalla. Pare si fosse incrinata una scapola e per questo impossibilitata a mettersi come pattuito lo yukata. Fuori -1.
Entrati in casa troviamo A. alle prese con quintali di carne cruda pronta per essere cucinata la sera, si era infatti offerto come cuoco della combriccola. Ovviamente il menù era esclusivamente italiano.
Indossati gli yukata con particolare difficoltà della sottoscritta che non ne aveva mai messo uno e la mancanza di una mano buona di S., caricati gli ingredienti sul furgoncino di uno dei senpai di A. che avrebbe partecipato alla serata, partiamo finalmente verso il Sumida.

Durante la strada, nonostante fossero solo le tre, la folla ammassata ad ogni lato della strada costeggiante il fiume era impressionante: ragazzine già imbellettate che passeggiavano, gruppi di amici e famiglie accampati con gli immancabili teli incerati lungo il marciapiede che ricreavano un sentore di hanami urbano, bancarelle minuscole che esalavano vapori sospetti. E tonnellate di camioncini della polizia, vigili urbani, controllori del traffico agitatissimi e cordoni di agenti ad ogni angolo. Il tutto un po' perché in strada stavano per riversarsi circa un milione di persone (e non scherzo...) e la prevenzione in questi casi è d'obbligo, un po' perché una festa di questo tipo con tutta quella gente è un'occasione perfetta per qualsiasi cretino che abbia deciso di fare un macello.


Noi guardiamo e passiamo, la nostra festa si terrà sul tetto di un palazzo di proprietà di non si sa bene quale senpai di A. Arrivati scopriamo che il palazzo in questione è una fabbrica di scarpe, un po' straniti seguiamo i nostri ospiti su per scale e attraverso stanze piene di modelli in vari stadi di corso d'opera.
Nessuno indossa lo yukata.
Nemmeno qualcosa che gli assomigli lontanamente! Neppure A. ne indossa uno adducendo come scusa che dovrà cucinare e che lo indosserà solo dopo.
Non veniamo presentati a nessuno e ciò rende la nostra vergogna ancora più cocente, i nostri cari "amici" non sembrano intenzionati a spiegare a nessuno dei numerosi presenti alla preparazione chi cacchio siano i due stranieri vestiti da cretini che si sono portati dietro. Io guardo i coltelli da cucina professionali che A. si è portato dietro in una valigetta e medito cose impronunciabili.
Matteo decide che è meglio mettersi a fumare una sigaretta, io opto per aiutare nei preparativi A. e quello che sembra un giovane gruppo di mamme-mogli dei vari preseti. I preparativi si tengono in una cucinetta striminzita che evidentemente serve per il pranzo aziendale di ogni giorno. Ci sono pomodori da tagliare, funghi da pulire e limoni da strizzare. Dopo un po' S. decide che siamo in troppi, prende me e Matteo sotto la sua ala protettrice e ci accompagna su per altre scale fino alla terrazza.

Quando si dice l'organizzazione!
Dalla terrazza si vede tutto, l'orizzonte è libero da interruzioni visive, solo la nuovissima Tokyo Sky Tree si staglia altissima davanti a noi.
Il sole sta calando e sarebbe tutto bellissimo se non mi sentissi così tanto fuori luogo con quel cacchio di yukata addosso! Quando penso che non può andare peggio di così appare una bambina carinissima, poi un'altra...entrambe vestire con lo yukata. Siamo sue gaijin in un gruppo enorme di giapponesi vestiti alla buona e le uniche persone vestite in yukata sono delle bambine!

Vabbè proviamo a distrarci facendo un po' di foto alla vista che si gode da quassù prima che cali il sole.

Oltre a noi ci sono altri gruppi di persone che si sono organizzate per sfuggire alla calca e che stanno pasteggiando sui tetti.

Nel frattempo A. ha spostato la cucina sulla terrazza dove sta lavorando velocemente attorno ad una piastra rovente preparata ad hoc.

p.s. la vedete la bambina? ebbene ammetto che ho tentato per tutta la sera di farle delle foto decenti lontana dallo sguardo della madre di cui avevo seriamente paura.

Il buio cala e i piatti vengono messi in tavola, si attrezza anche un perfetto bar con tanto di birra alla spina e barman addetto, tra poco inizieranno i fuochi.

Ecco che iniziano, prima lentamente come richiami ogni cinque minuti, poi i veri fuochi che dureranno per l'intera serata dalle otto e mezza sino alle dieci per un totale di quindicimila salve.
Noi intanto abbiamo tutto il tempo di mangiare con calma e berci la nostra birra mentre tentiamo di rispondere alle domande dei nostri vicini di tavolo.
A. intanto continua ad affaccendarsi intorno alla mega piastra sulla quale sta cuocendo di tutto e non abbiamo molte occasioni per parlargli, inoltre la nostra richiesta di spiegazioni in merito agli yukata riceve solo un sorridente "mi dispiace"...

Intanto in base alla proporzione di alcol ingurgitato la festa si anima sempre di più e i nostri vicini pure, iniziano le domande di rito e quando si scopre che siamo entrambi italiani una delle giovani mamme, più rapida di un maestro di kung fu, apre lo yukata di Matteo sul petto e tasta un po' dichiarando che era una cosa ben strana che lui non avesse assolutamente nessun pelo mentre un vero italiano come Girolamo Panzetta...
Mentre Matteo tenta di sfuggire al palpeggiamento io subisco i mezzi complimenti e apprezzamenti dei vari uomini al tavolo che ormai hanno abbandonato la compostezza e incitano chiunque capiti loro a tiro a bere ciò che hanno nel bicchiere in un sol sorso. Se il malcapitato tenta di rifiutarsi partono incitamenti degni della curva nord del Livorno e il poveretto è costretto a cedere.
La serata continua così per un paio di ore ancora, ben oltre la fine dei fuochi che ad un certo punto sono diventati un accessorio visivo del divertimento. Ad un tratto la compagnia si dirada e si avvicina l'ora di ritornarsene a casa soprattutto per chi deve prendere la metro, la caciara di prima diventa un ordinato moto efficientissimo di pulizie e rassettamento della terrazza, in brevissimo tempo tutto è stato messo al suo posto e pulito.
Io e Matteo tentiamo di dare una mano ma veniamo fermati subito perché i nostri gentili ospiti vogliono evitare che ci sporchiamo gli yukata. Il senpai di A., quello che ci era venuto a prendere con il furgoncino, si materializza accanto a noi e ci scorta giù per le scale all'interno del palazzo fino ad una porta di metallo, si gira verso di noi con fare cospiratorio e sussurra "おばあちゃん" (zia) e prima che io possa capire il nesso spalanca la porta e ci ritroviamo in un appartamento enorme con una vetrata stratosferica che dà sulla città. Una casa da vecchia zia ovviamente, con trine e oggetti di dubbio gusto appesi ovunque e una riproduzione dell'amato carlino ormai defunto della signora versione pupazzo.
In casa ci sono la zia e alcuni parenti venuti per partecipare alla serata che si smaterializzano poco dopo lasciandoci soli con la signora, per fortuna la cosa non dura che per pochi secondi visto che S. appare per farci compagnia e piano piano tutti gli uomini rimasti a rassettare entrano uno alla volta nella casa sedendosi ovunque.
Tempo dieci minuti e i piccoli voraci iniziano a insidiare le rimanenze della cena che la zia stava incartando e la serata riprende inaspettatamente vita. Nel frattempo la zia inizia a fare domande e finalmente A. si degna di presentarci e di spiegare un po' che cosa ci facciamo li.
Vista l'ora tarda e la nostra impossibilità di riuscire a prendere l'ultimo treno il Senpai, effettivo proprietario della fabbrica e di tutto lo stabile, decide di portarci a casa con il suo camioncino, ci carica di dolcini di varia specie, raccatta A. e S. dichiarando di voler accompagnare anche loro e la serata si chiude così con un piacevole viaggio attraverso una Tokyo illuminata.


sabato 10 settembre 2011

03 Settembre

Volo roma fiumicino.
Questa volta nessuno ci ha controllato i bagagli, sono sia sollevato che indispettito, come si permettono di farmi un trattamento diverso?
Il volo pare essere standard abbiamo anche il bambino-piangente™ presenza obbliagatoria su ogni volo aereo che si rispetti. Purtroppo non siamo riusciti a fare colazione da FRESCOBALDI ma ho promesso alla Came che al ritorno ci andremo. "La Came mi ha donato un ciuffyno di cui disponiamo di una diaposityva alquanto esaustiva" Ma chi è sto tipo? Cosa avrà fatto per meritarsi la sfiga di stare sulla banconota da 1000 yen? Che sono le nostre 10 euri (stavo per dire lire)? E non ci fai un cazzo con 10 euri? Eh?
Ma va! Ci pigli il Kebab.
Ma il kebab ce lo avranno a Tokyo? Kebabbbari a Tokyo!! Su Riedukescional Channelle!

Presentazione Came & Leiba


Noi siamo i due amici a cui Clarissa ha accennato brevemente un paio di post fa. Clari ci ha proposto di contribuire al suo blog con le nostre personali impressioni su Tokyo e sul Giappone in modo da avere un altro punto di vista. Noi abbiamo felicemente accettato.
Un minimo di introduzione: i post che faremo saranno essenzialmente le trascrizioni del diario di viaggio che io (Leiba) e la Came stiamo tenendo su di un vecchio e lacero moleskine, la mancanza di uno scanner ci impedirà di correlare gli articoli con gli splendidi disegni della Came, ma spero, una volta tornati in Italia, di poter aggiornare i post con le scansioni del diario. Anche le foto saranno abbastanza sporadiche in quanto la Came è una appassionata di fotografia analogica (ha anche imbastito una camera oscura in casa) quindi stesso discorso che per il diario, in compenso io ho la mia scrausa macchina digitale ma mi dimentico spesso di usarla. Spero non me ne vogliate.
Il diario è scritto a quattro mani, quindi per distinguere le varie notazioni saranno in italico per la Came e in "normale" per me.
Ed ora iniziamo.

lunedì 5 settembre 2011

1000! Ma non avete altro da fare?!

Il blog ha raggiunto quota mille (e tre) visite!
Un grazie piagnucoloso a tutti quanti, voi che ogni tanto commentate e si dai, anche a voi che lurkate gioiosamente!
Quando ho iniziato il blog all'inizio di questo viaggio ero un po' scettica lo devo ammettere, un po' perché non credevo di avere tanta costanza e soprattutto perché non credevo che avrebbe interessato così tanta gente, ma sono andata avanti anche solo per poter condividere una parte delle mie giornate con le persone più vicine a me che sapevo avrebbero apprezzato lo sforzo (e lo smazzamento di mettere insieme tutto il materiale, ma diciamocelo, è meglio scrivere un solo post o chiamare via skype tutti ripetendo all'infinito le solite tre cretinate che hai fatto?)
Paradossalmente creando un blog in uno spazio virtuale che finora non mi aveva mai dato un reale feedback ho conosciuto e avuto modo di parlare con persone che non avrei mai incontrato altrimenti, e che spero di poter vedere realmente a breve (non mi sono dimenticata del raid al museo Gibli UnGiapponetuttoMio!).
Ho poi scoperto un tratto interessante dell'essere italiana in Giappone (oltre al fatto che ti chiedono subito se conosci Girolamo Panzetta intendo): il peculiare aggregarsi dei vari studenti/lavoratori/cittadini italiani residenti in Giappone attraverso blog, twitter, facebook ecc...
E' un po' come un'associazione mafiosa senza illeciti, una grande 'famiglia legata da interessi' in questo caso visti come passioni e non come tornaconto, ma sempre mafia è: vieni raggiunto nei modi più disparati, attraverso link comparsi su chissà quale pagina spersa nei migliaia di tera del web, commenti lasciati eoni di anni prima su blog ormai chiusi ecc...se non sa di caccia all'uomo questa!
Accorciando la manfrina (avrei tanta voglia di scrivere un bel BAZINGA!!! a lettere cubitali, ma non lo farò) e risparmiandomi dal distruggere la mia immagine per sempre agli occhi del mondo, riassumo con un: ma lo sapete che mi ha fatto davvero molto piacere tutto ciò?
Ecco l'ho detto e qui finisco.

p.s.angolo del colesterolo quindi potete anche saltarlo, non vi perderete niente, sempre che non siate le dirette interessate: un grazie in particolare a GiapponeMonAmour e UnGiapponetuttoMio, anche solo per avere più e più volte risposto ai miei commenti e aver dimostrato interesse verso quello che scrivevo.

nota1: immagine tratta dal video "Can't stop feeling" dei Franz Ferdinand
nota2: solo per voi vi propongo il video musicale più brutto della storia dell'umanità, giusto perché voglio festeggiare!


domenica 4 settembre 2011

Gente di Tokyo 2

Scartabellando in quell'ufficio da Azzeccagarbugli che è la mia cartella immagini ho estratto come reperti preziosi questi scatti fatti nei momenti più disparati in questo ultimo mese. Alcune sono state fatte per caso altre sono state invece scientemente scattate di soppiatto all'insaputa del povero malcapitato.
Inutile poi dire che ce ne sarebbero state molte altre da scattare se solo avessi avuto la mia fida macchinetta con me, ma si sa, una persona non è una formica e non può portare raddoppiato il proprio peso quindi bisogna scegliere: o libri e cambio del lavoro (l'ormai collaudata combo) o oggetti "inutili" quali il ventaglio, la macchina fotografica ecc...
Questo il risultato...

-controllore del traffico all'uscita per il parco di Kichijoji, la strada infatti è così stretta che ci deve sempre essere un addetto per far circolare al meglio sia i pedoni appena usciti dalla stazione, sia gli autobus che passano numerosissimi

-lavoratori durante la pausa pranzo nel piccolo parco sovrastato dal Sunshine Building: questi simpatici personaggi passano la propria ora libera mangiando, giocando a Go con i vecchietti su supporti ricavati da cassette della birra rovesciate e dando da mangiare ai tre gatti che sostano nel parco

-genio assoluto in quanto a scelta del proprio mezzo, una ragazza all'incrocio di Ikebukuro davanti a BicCamera(con tutta la gente che passava non sono riuscita a capire se il mezzo fosse una specie di Ciao o se fosse semplicemente una bicicletta truccata, ma se fosse così l'uso del casco non sussisterebbe giusto?)

-via vai serale nel quartiere fuori mano di Shimura san-choume, dopo due anni dalla nostra permanenza li non è cambiato niente, c'è sempre il piccolo locale di yakitori e il signore anziano che vende takoyaki dall'interno del suo furgoncino

-lavoratori ligi al dovere del negozio AuntieAnne's di Ikebukuro: voglio poter mangiare un brezel al curry maledizione!

-frequentatore di un locale di Ramen, secondo me lo pagano per stare lì e fare atmosfera...

-pompiere comparso sotto casa in un'assolata mattina per chi sa quale emergenza o vecchietta che non riusciva a tirar giù il pacchetto di biscotti

-una delle creature mitologiche: la donna tokyoita in carriera! Le maledette riescono ad andare in giro tutto il giorno su tacchi vertiginosi e a sembrare sempre appena uscite da un centro di bellezza, pioggia o caldo afoso che sia

-contrasto di luci all'uscita della stazione di Shinagawa: persone indaffarate e sulla destra un folto gruppo di donne vestite in kimono

-esibizione di un'idol che sinceramente non conosco beccata per caso all'interno del Sunshine Building

-linea JR, stazione di Ochanomizu, qua sotto altri scatti

-famigliola riunita per un pic-nic sul tetto del palazzo in attesa di poter vedere i fuochi artificiali più famosi di Tokyo, quelli che si tengono ogni anno sulle rive del fiume Sumida all'altezza di Asakusa

-famoso (perché ne ho trovato altre foto su diversi blog) personaggio del parco di Kichijoji

Con questa ho concluso, spero di beccare altri "interessanti" personaggi nelle settimane a venire così da imbastire la galleria mano a mano.
p.s. proprio oggi sono giunti a Tokyo due miei amici che staranno qua per un mesetto a scopo turistico, chissà che non mi possano dare una mano con questa collezione!


giovedì 1 settembre 2011

Gita fuori porta domenicale: Kamakura seconda parte

Seconda parte dell'incursione in quel di Kamakura di tre stupidi gaijin.
p.s. scusate, volevo mettere un'immagine stupida come link a "gaijin" solo che ne ho trovate più di una e quindi le devo condividere con voi! 1, 2, 3, 4, 5
Comunque, riprendendo il filo del discorso dall'ultimo post...
Finito il giro culturale, data la calura della giornata e la vicinanza del mare abbiamo deciso di concederci un pranzo in uno dei tanti locali che si affacciano sulla via che porta al Daibutsu


(James lo ha gentilmente definito il Buddha con le ali) per poi incamminarci verso il mare.
Non avendo assolutamente idea di quale fosse il tratto migliore di piaggia e essendo abbastanza distrutti da accontentarci di un qualsiasi posto con un po' di brezzettina, abbiamo semplicemente seguito i nostri sensi di ragno (io nella fattispecie mi sono affidata alla mia capacità di sniffare la salsedine a centinaia di metri di distanza) e abbiamo trovato la spiaggia.

Non potete capire la mia gioia nel rivedere il mare, un po' per il fatto che ci sono cresciuta in riva al mare, un po' per la promessa di acqua fresca in cui sguazzare. E invece...l'acqua era un brodo, la brezzettina inesistente, la salsedine almeno quella c'era e in più ci siamo ritrovati in una spiaggia piena di yakuza. Ora per precisare, no non siamo paranoici, non crediamo che un qualsiasi giapponese con un tatuaggio sia affiliato ad una organizzazione mafiosa, ma vedersene passare almeno una decina ad un palmo dal naso, con la schiena e le braccia completamente colorate e pure il corredo di boss+gnocche fa riflettere anche i più ingenui.
Qui di seguito una foto che Matteo, con grandissimo sprezzo del pericolo, ha deciso di scattare ad uno dei simpatici ragazzoni


Ben attenti a non rivolgere lo sguardo verso il folto gruppo, ci siamo sistemati sul lido, i ragazzi a giocare con una palla da baseball rinvenuta chi sa dove (e poi tentate di convincermi che il maschio non abbia un sistema di pensiero simile ad un canide a volte), io a scattare loro foto con le quali potrò ricattarli negli anni a venire.
Vedere i giapponesi al mare è un po come vederli in città: super organizzati e completamente vestiti! Avversi all'abbronzatura, alle scottature o per altri motivi che sinceramente ignoro, si aggirano per la spiaggia con tute da snorkeling, cappellino e le scarpine di plastica che in Italia fanno rabbrividire anche le nonne. C'è da dire che gli apparenti indigeni del luogo sembravano un pochino più a loro agio con la questione dello scoprire porzioni di pelle.
Con questo non voglio dire che il mare giapponese non regge il confronto con quello nostrano, è solo che siamo approdati in una spiaggia poco esaltante, un po' come quando in Italia opti per il bagno adiacente il parcheggio: non è né bello né pulito, c'è un sacco di gente e l'acqua contiene di tutto ma almeno non devi fare chilometri sulla sabbia bollente con l'ombrellone a seguito.
Particolare esaltanti della gita al mare:

1. questo noleggio di attrezzature marittime che sembra stato trasportato nella notte da una spiaggia californiana

2. cosa si trova immergendo la mano nella sabbia del bagnasciuga

p.s. chiamate comunemente arselle nella zona di Livorno, pescate con l'illegalissima rastrelliera in nottate brave, sono una delizia. Unica diversità è che in Italia si trovano in versione un po più grande e soprattutto non in questi numeri esorbitanti come qui in Giappone. Mio padre sarebbe stato felice.

3. sempre per la serie "japaneses do it better", noi abbiamo i gabbiani? E loro rincarano con questi!

Che dire è tutto un'altro stile!

Finisco il tutto con un po' di foto a caso





Matteo si è poi voluto vendicare della mia offesa riguardo al suo essere canide con questo capolavoro